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Gli ex-voto del Malcantone

Questa mostra nasce in occasione dell’imminente uscita di una pubblicazione, curata da padre Giovanni Pozzi e Augusto Gaggioni, che, sulla base di un accurato inventario, darà minuziosamente conto di tutti gli aspetti degli ex voto dipinti ticinesi.

Richiesto di alcune informazioni sulle ventisei opere precedentemente censite nella regione, il Museo del Malcantone ha deciso di raccogliere tutto quanto fosse possibile e allestire un’esposizione, permettendo così ai visitatori di avere una visione d’assieme di un patrimonio forzatamente disperso in una decina fra chiese e oratori, spesso non facilmente visibile.

Il numero dei dipinti potrebbe apparire esiguo, ma la qualità del materiale, che va dal Seicento alla fine dell’Ottocento, riscatta ampiamente questo limite, rendendo la mostra quanto mai interessante. Purtroppo, rispetto al primo inventario redatto nel 1950, risultano dispersi quattro dipinti documentati da fotografie: attraverso le stesse sarà forse possibile recuperarli.

Un ex voto è innanzi tutto un segno tangibile di gratitudine verso la Madonna che, tramite l’intercessione di santi protettori o famigliari defunti, ha voluto concedere quella grazia che ha permesso di uscire indenne da una situazione di grave pericolo. Già solo questo fatto rappresenta un aspetto di grande interesse per un museo etnografico, in quanto documenta un aspetto fondamentale del rapporto con il trascendente, al quale ci si affida e verso il quale si nutre un solido sentimento di gratitudine, testimoniato appunto dall’ex voto. Da qui il profondo rispetto dovuto a questi documenti, sentimento che, attraverso loro, si estende ai protagonisti di pericolose vicende, accomunati dalla fede e da un sentimento, la gratitudine appunto, sempre ammirevole. Non sono iinoltre da dimenticare tutte le informazioni sulla vita, sul lavoro, sul costume, sull’emigrazione, sugli arredi e quant’altro che da questi documenti traspaiono.

Il rispetto per queste opere passa anche attraverso una loro corretta conservazione. Spesso ci si trovati di fronte a opere in condizioni assai precarie, mentre altre denunciano interventi di “restauro” eseguiti con metodi discutibili quando non dissennati. La mostra mira anche a sensibilizzare su questi aspetti, nonché a promuovere una raccolta di fondi per intervenire con restauri appropriati almeno nei casi più urgenti.

Bernardino Croci Maspoli
Presidente dell’Associazione Museo del Malcantone
Marzo 1999

La strategia di comunicazione culturale su Internet

Negli ultimi anni Internet, e più specificatamente le reti sociali virtuali, hanno assunto un'importanza crescente anche nell'ambito della comunicazione del prodotto culturale. Si tratta di una serie di canali di facile accesso che non richiedono investimenti rilevanti. In questo contesto, i musei non possono più permettersi una comunicazione istituzionale ingessata, limitata a un sito statico in cui presentare in modo approssimativo le proprie attività espositive.

In questo settore, l'associazione Museo del Malcantone è sempre stata proattiva e determinata ad affrontare con rinnovato slancio le nuove sfide della comunicazione culturale. Gli strumenti elettronici rappresentano un valido supporto per la missione della nostra associazione, nata nel 1985 con l’obiettivo di "salvaguardare, raccogliere, riunire e valorizzare, documentando, indicando ed esponendo, in sede degna, quanto ancora rimane del patrimonio storico e culturale della regione del Malcantone".

I siti informativi

Il sito del museo del Malcantone è stato presentato per la prima volta al pubblico nel 1999 ed è stato tra i primi a proporsi all'interno del panorama museale della Svizzera italiana.

Unitamente al sito del museo della pesca di Caslano, i due portali hanno una valenza eminentemente informativa, adottando il classico modello one-to-many. In questo contesto le informazioni sono gestite unicamente dall'istituzione, e vengono pubblicate secondo una struttura documentaria precisa. In linea di principio questa iniziativa rappresenta la base di partenza della nostra comunicazione elettronica e permette anche di approfondire quanto proposto sui social media.
Il sito rappresenta infine uno strumento di lavoro che ci permette di creare una rete di istituti (networking) e un catalogo di collegamenti utili per i temi trattati (bookmarking).

I social network, piattaforma di scambio

Dal 2010 l'associazione ha attivato due pagine accessibili da Facebook. Rispetto al sito, la presenza nei social network intende promuovere un contatto diretto con l'utenza, condividendo materiali e tematiche vicine, sia per soggetto, sia per epoca, al nostro vissuto. Un approccio meno strutturato e maggiormente "emotivo" che permette in prospettiva di riflettere sulla rapida evoluzione della nostra identità. Come abbiamo già accennato, la comunicazione attraverso questo canale non è più monopolizzata ma condivisa, permettendo pertanto a chiunque di sottoporre i propri materiali o le proprie osservazioni (modello many-to-many).

Questo canale di comunicazione diffonde in modo virale il nome dell'istituto ed è particolarmente utile per avvicinare nuove categorie d'utenza e dialogare con loro rapidamente.

Gli obiettivi

  1. Partecipare e contribuire, nel suo piccolo, allo sviluppo di Internet, in particolare promuovendo contenuti a carattere divulgativo e informativo. L’aspetto commerciale non ha rilevanza ai fini delle nostre attività.
  2. Rafforzare il legame con gli utenti che già conoscono i servizi del museo. Contemporaneamente, creare nuove comunità di utenti favorendo la diffusione di messaggi diversificati e facendo leva su sensibilità diverse.
  3. Incoraggiare lo scambio e la condivisione di oggetti, documenti, fotografie e altri materiali di rilevanza storica, etnografica e antropologica.
  4. Favorire l’interazione e il dialogo tra amici virtuali, soci e comitato direttivo dell’associazione, volto soprattutto a ridefinire nel tempo il ruolo e l’identità del Museo del Malcantone.
  5. Promuovere la presenza, lo scambio e la collaborazione con iniziative analoghe o affini attive in Svizzera e in Italia.
  6. Integrare i flussi presenti nei canali dei social media nell’offerta dei musei.

I canali

Sito web: attualmente l’associazione gestisce due siti, uno per ogni sede. All’indirizzo www.museodelmalcantone.ch è possibile visualizzare informazioni e documenti riguardanti le attività della sede di Curio. Sulle pagine del Museo della Pesca (www.museodellapesca) sono presenti i materiali che riguardano la sede di Caslano. I siti generano complessivamente un flusso importante: nel 2012 sono state registrate 339'279 visite.

Facebook: anche all’interno di questa rete sociale sono presenti due pagine distinte, una per la sede di Curio, l’altra per quella di Caslano. I post sulle due pagine sono numericamente limitati: complessivamente due notizie a settimana. Si tratta principalmente di immagini, brevi testi o collegamenti a pagine significative. Attualmente (maggio 2013) le pagine comprendono circa 300 amici, registrando una crescita costante fin dalla loro creazione.

Tripadvisor: La piattaforma di scambio di recensioni Tripadvisor ha guadagnato grande considerazione tra il pubblico, diventando uno strumento utilizzato anche dalle guide turistiche professioniste per individuare rapidamente l’offerta turistica e culturale di una destinazione. Le due sedi sono state registrate nel portale e si prestano dunque a essere recensite dai propri visitatori. Questa offerta è dunque orientata essenzialmente alle persone che visitano fisicamente il museo, e offre la possibilità di raccogliere osservazioni, suggerimenti e critiche da parte del proprio pubblico.

A partire dalle pagine dei siti è possibile accedere direttamente alle pagine Facebook e Tripadvisor. È anche possibile consigliare pubblicamente la pagina visualizzata con GooglePlus e iscriversi alla newsletter. Infine, le due sedi sono descritte anche nel portale Wikipedia.

In conclusione

Le nuove tecnologie sono un settore di facile accesso ma difficili da gestire in modo coerente e costruttivo, soprattutto nella filiera culturale. Va comunque evidenziato come una strategia ben costruita possa valorizzare le attività tradizionali dell’istituto culturale, creando potenzialmente un bacino d’utenza indipendente dalla dimensione dell’istituto stesso.

Roland Hochstrasser

Bibliografia

Monografie

  • AAVV, Systèmes d’informations et synergies entre musées, archives, bibliothèques, universités, radios et télévisions. Les bases de données et les médias numériques au service des patrimoines historique, culturel, naturel et scientifique, Lausanne : VMS, 2007
  • AVORIO A., Il marketing dei musei, Seam libri, Milano 1999
  • BERTACCHINI P. A., Il museo nell'era digitale, Catanzaro : Abramo, 1997
  • BUZZANCA G., Digit fugit ovvero osservazioni sulla conservazione del Web1, Minerva Project, 2006
  • COOPER, J., Beyond the On-line Museum: Participatory Virtual Exhibitions , in J. Trant and D. Bearman (eds.). Museums and the Web 2006: Proceedings, Toronto: Archives & Museum Informatics, published March 1, 2006
  • DUPLAIN MICHEL N., Vers un Musée virtuel de la Suisse ?, Presence du paysage muséal suisse sur Internet, Neuchâtel : IDHEAP, 2006
  • GETCHELL P., Beyond The On-line Catalogue: Using The Web To Leverage Your Collection More Effectively, in J. TRANT and D. BEARMAN, Museums and the Web 2006: Proceedings, Toronto: Archives & Museum Informatics, 2006
  • GRANIERI G., La società digitale, Roma ; Bari : Laterza, 2006
  • RABINOVITCH V., ALSFORD S., Les musées et Internet : le point sur huit ans d'expérience canadienne, Hull : Société du musée canadien des civilisations, 2002
  • TONELLO F., L'età dell'ignoranza : è possibile una democrazia senza cultura?, Milano : B. Mondadori, 2012

Periodici

  • AAVV, Digital Humanities und Web 2.0, Bulletin, Accademia svizzera di scienze umane e sociali (ASSM), n. 1, 2012
  • DE ROSNAY J., Civilisation du numérique : promesses et défis pour l’entreprise, Les rencontres du numérique, Association de l’économie numérique, 2012
  • GALLIMARD A., Le livre, le numérique. Le débat, n. 170, 2012
  • MANES S., Time and Technology Threaten Digital Archives, The New York Times, 7 aprile 1998
  • RINGHAM J., Tate Social Media Communication Strategy 2011–12, Tate Papers Issue 15, 2011
Citazione della fonte: Roland Hochstrasser. La strategia di comunicazione culturale su Internet. Curio: Museo del Malcantone, 2013.

L'orto del museo

Nel corso dell'estate 1998 una parte del giardino del museo è stata sfruttata per coltivare ortaggi, leguminose, cereali e alberi da frutta un tempo molto diffusi e che oggi sono difficili da trovare. Una specie di museo verde. Realizzato soprattutto grazie alla disponibilità e al "pollice verde" di Maurizio Valente e alla sempre puntuale collaborazione di Romano Benagli nella preparazione e di Edy Facchinetti nella cura, ha costituito la prima tappa di quello che vorremmo fare diventare un elemento costante della nostra offerta espositiva.

Per cominciare abbiamo messo a dimora alcune piante aromatiche annuali e perenni, coltivato un ricchissimo "züchee" e piantato due coppie di vegetali che rappresentano il prima e il dopo della nostra alimentazione: rape-patate e grano saraceno - granoturco.

Legata a questa iniziativa è anche la realizzazione di un corso di cucina tradizionale. Tenutosi presso il Centro scolastico di Croglio in collaborazione con i Corsi per Adulti, ha infatti utilizzato parte dei prodotti dell'orto.

I 150 anni della scuola maggiore e di disegno di Curio 1854 - 2004

L'Associazione Museo del Malcantone é lieta di invitarla all'inaugurazione della mostra che avrà luogo venerdì 10 settembre 2004 alle ore 18.30

Il 10 settembre 1854 “una turba magna di gente” partecipava a Curio all’inaugurazione del palazzo della Scuola maggiore e di disegno del Malcantone. L’edificio, ora sede del Museo regionale, era sorto in pochi mesi, in forza di una decisione del Consiglio di Stato che risolveva così le discussioni sulla sua ubicazione con i due concorrenti Bedigliora e Novaggio.

Il progetto, elaborato in puro stile Neoclassico, era dall’architetto Luigi Fontana di Muggio e la sua realizzazione comportò una spesa totale di 32.000.- franchi, versati in parte dal Cantone, in parte dai 19 Comuni del circondario e in parte dalla Confederazione, quale sostegno a un Ticino prostrato dall’espulsione di tutti i suoi emigranti dal Lombardo-Veneto.

Trovava così una sede degna la scuola fondata quattro anni addietro grazie a una pubblica sottoscrizione, frequentata annualmente da un numero ragguardevole ma instabile di allievi (fra i 71 e i 98) e tenuta da due notevoli maestri: il prof. Giovan Battista Buzzi-Cantone di Gera Lario e l’architetto Giovanni Poroli di Ronco sopra Ascona, docente di disegno. Le loro capacità e quelle dei loro allievi trovarono un positivo riscontro già nel Conto Reso 1854 del Consiglio di Stato: “Il risultato dell’insegnamento nella scuola di Curio fu tale da rendere ben soddisfatta l’Autorità superiore scolastica, le autorità locali e la popolazione. Ora trovasi eretto il nuovo e comodo locale scolastico, sorto mediante forti sacrifici della popolazione e de’ filantropi delle località, coadiuvati in parte dalla Confederazione con un sussidio e dal Cantone coll’anticipazione de’ fondi.”

La suddivisione in “scuola elementare maggiore” e “scuola del disegno” durò fino al 1920, quando quest’ultimo ramo fu accorpato alle neonate scuole professionali e furono create le scuole maggiori obbligatorie. A Curio una commissione tentò sin dal 1917 di dar vita a una scuola professionale o tecnica, ma non se ne fece niente. Nel 1950 il maestro Antonio Indemini chiudeva per l’ultima volta le porte della Scuola maggiore di Curio.

Per alcuni anni l’edificio è abbandonato. Poi comincia a prendere corpo l’idea di destinarlo a Museo regionale. È con questa intenzione che l’Ente turistico del Malcantone lo acquista e lo restaura (1970-1975). Nel 1985 viene fondata l’Associazione Museo del Malcantone, che vi trova una sede ideale.

Purtroppo, nel periodo dell’abbandono si disperde una gran parte dei materiali e dei documenti conservati nella scuola, testimoni di un secolo di storia: testi scolastici, modelli, strumenti didattici, registri, arredi e quant’altro. Piano piano, grazie alla collaborazione e alla generosità degli abitanti di Curio e di alcuni discendenti di allievi della scuola di disegno, il Museo del Malcantone ha potuto però ritrovare una ragguardevole quantità di materiali che sono oggetto di questa mostra.

10 settembre - 31 ottobre 2004 - Apertura giovedì e domenica 14-17 o su appuntamento.

Salviamo il mostro di Breno

Penso sia nota a tutti la presenza al Santuario di S. Maria del Monte sopra Varese del cosiddetto “Mostro di Breno”, cioè dei resti di un coccodrillo portati lassù dagli abitanti del comune malcantonese che lo avevano catturato nei loro boschi. Non conosciamo l’anno in cui ciò è accaduto, ma se si considera che la prima documentazione della sua presenza risale al 1739, quando era già “famoso”, possiamo immaginare che la vicenda risalga al Seicento o al più tardi agli inizi del Settecento.

“ Da questa banda aquilonare si apre un andito correlativo alla piazza tutto scalpellato nel sasso. Quivi sospeso in alto si ammira il Lucertolone famoso; cioè il cuojo squamoso di un mostro terribile; il quale nacque ne’ prossimi laghetti palustri, e melmosi. Egli è di lunghezza sette cubiti(oltre tre metri), vestito di grosse squame cerulee, con quattro piedi corti, e ritorti a modo di Lucerta, con ceffo, e codazzo da Coccodrillo”.

(Niccolò Sormani, Il Santuario di S. Maria del Monte sopra Varese, Milano, 1739, p. 67-68).

La vicenda è stata sia tramandata oralmente fino ai nostri giorni sia fissata in molti racconti, ciascuno con varianti proprie.

“Questi resti hanno una tradizione che si tramanda esattamente ed incontrastata tra i Valligiani del Mal Cantone (Svizzera – Canton Ticino) e particolarmente tra gli abitanti di Breno i quali, sul finire del secolo, catturarono questo anfibio. La tradizione afferma e sostiene che questo animale sia fuggito dalle acque del Lago Maggiore o Verbano e, trovandosi sperduto in questa vallata, di notte, emetteva tali grida che le mucche morivano per lo spavento. I valligiani concertarono di catturarlo, ma nessuno azzardava avvicinarglisi. Un giorno un tale di Breno (il cui nome la tradizione non ricorda) propose di ucciderlo e (se riusciva) di portarlo come trofeo al Santuario del Monte di Varese dove, ogni anno, quel popolo si recava  processionalmente. Così avvenne: quel giovane armatosi di coraggio e di fede decise il giorno della audace impresa e, accostatosi ai SS. Sacramenti, si recò, con tutto il popolo, nel fondo della valle. Appena scorse il mostro brandì un tridente e, allorché il mostro aperse le fauci per emettere il suo grido, glielo cacciò in gola causandogli la morte. Impadronitosi allora dello strano animale, il popolo di Breno lo portò al nostro Santuario e lo offerse alla Vergine come ex voto e trofeo di sua vittoria. Questi fu collocato sopra un’alzata, sotto la galleria antistante alla porta orientale della Basilica, ove rimase fino all’anno 1902, anno in cui fu costruito il Museo del Santuario, nel quale attualmente si trova. Queste le notizie che ho potuto, personalmente, raccogliere in luogo le quali sono registrate pure nella cronaca del Santuario”.

(Costantino Del Frate, S. Maria del Monte sopra Varese, Chiavari, 1933, pp. 183 – 184).

I pellegrinaggi al Santuario: una storia antica

La processione cui si fa cenno ha in realtà origini assai antiche. I documenti dicono infatti che già nel XII secolo molte comunità dell’attuale Cantone Ticino (dal Malcantone al Mendrisiotto alla Carvina alla bassa Valmaggia) recavano in dono al Santuario beni in natura, ricevendone in cambio pane e vino.

Salviamo il mostro?

Quest’anno il Museo Baroffio, che lo custodisce, ha deciso di esporre la teca contenete i resti del mostro.

Come risulta evidente dall’immagine, l’animale è in pessime condizioni, ma un opportuno restauro potrebbe ridargli l’aspetto originale. La direzione del Museo ha chiesto un preventivo dei costi a Ermanno Bianchi, del laboratorio di tassidermia del Museo di storia naturale di Milano. Con 3000.- € (+ IVA) è possibile compiere un intervento scientificamente corretto.

Il piccolo gruppo di malcantonesi che recentemente ha visitato il Museo Baroffio con la guida esperta della direttrice, dott.ssa Marazzi, ha pensato di lanciare una raccolta di fondi per sostenere il restauro del coccodrillo, coinvolgendo nell’operazione il Museo e la Fondazione Malcantone.

Si vorrebbe in questo modo tenere vivo il ricordo dell’antica tradizione del pellegrinaggio e di una singolare manifestazione di religiosità popolare, riallacciando un solido legame con il  santuario di S. Maria del Monte di Varese.

Chi volesse sostenere il restauro può inviare qui il proprio contributo, indicando “Restauro mostro di Breno” come motivo del versamento.

Associazione Museo del Malcantone

6986 Curio

Conto corrente postale 69-4150-9

IBAN CH89 0900 0000 6900 4150 9

è anche possibile versare tramite paypal!


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Dal Cantone Ticino alla Val Bormida: un caso di imprenditoria femminile di successo tra metà Ottocento e inizio Novecento

Quale è stato il ruolo delle donne nel processo di industrializzazione dell’alta Valbormida e del basso Piemonte tra la metà dell’Ottocento e l’inizio del Novecento? Esiste qualche figura femminile che ha saputo precorrere i tempi e, seppur in modo inconsapevole, cogliere i fermenti anticipatori di un progresso che andava via via imponendosi e, rischiando in prima persona e sopportando pesanti sacrifici, costruire opportunità di lavoro e di sviluppo nei territori in cui si è trovata ad operare?

Una prima risposta è racchiusa nel libro “Tegoli, coppi e mattoni. Filomena Ferrari e l’avvio dell’industrializzazione di Millesimo e Sale delle Langhe”. È la storia di una delle prime donne capitano d’industria. Nell’800. Ma è anche storia della terra che fece da scenario a questa’avventura imprenditoriale: la Val Bormida.

“Tegoli, coppi e mattoni” è il titolo del saggio di Donatella Ferrari che ricostruisce il filo di queste vicende e che è stato presentato lo scorso 7 aprile nella sala consiliare del Comune di Millesimo in concomitanza con la presentazione del piano di riqualificazione delle aree sulle quali un tempo sorgeva la fornace di laterizi.

Il volume (198 pagine corredate da fotografie, grafici, tabelle ed elenchi d’imprenditori ed esercenti le attività commerciali millesimesi tra il 1866 ed il 1911) descrive gli albori dell’industrializzazione valbormidese alla metà del XIX secolo e più in particolare la nascita e l’affermazione di una moderna industria dei laterizi a Millesimo e Sale delle Langhe, ad opera dei bisnonni dell’autrice, Carlo e Filomena Ferrari, emigrati a Millesimo dal Malcantone, una piccola regione della porzione sud occidentale del Canton Ticino, in Svizzera, oltre un secolo e mezzo fa. Tuttavia, l’interesse dell’opera consiste soprattutto nel fatto che le vicende narrate ruotano intorno ad una figura femminile, quella di Filomena Ferrari per l’appunto, che può essere sicuramente considerata una delle prime donne imprenditrici, non solo di Millesimo e dei paesi limitrofi ma anche di un’area assai più vasta.

Il racconto, frutto di tre anni di studio e di ricerca condotti in archivi locali e del Canton Ticino, prende l’avvio intorno alla metà dell’Ottocento, allorché Filomena emigra dalla Svizzera per seguire il marito, prima fornaciaio e poi probabilmente gestore della fornace dei Del Carretto. L’avventura imprenditoriale di Filomena, ha inizio alcuni anni più tardi, allorché a 39 anni rimane vedova con cinque figli. Il maggiore di essi, Gio Battista ha 15 anni, il minore, Angelo, ne ha 5. «Avrebbe potuto fare ritorno nel Malcantone con il quale intratteneva sicuramente dei rapporti visto che all’epoca il padre, Carlo Giuseppe, era ancora vivente così come la maggior parte dei dieci fratelli …», ma non fu così, ed il libro di Donatella Ferrari ci guida lungo il percorso che farà sì che una modesta contadina svizzera, emigrata in Valle Bormida, divenga una donna di successo.

Il libro ripercorre le vicende di cui ella fu protagonista o testimone sino alla morte, nel 1915, ma la narrazione biografica s’intreccia con quella degli eventi che all’epoca interessarono Millesimo e la sua valle, in non pochi casi riflesso locale di più vasti fenomeni operanti a scala regionale, nazionale o globale, ponendo in evidenza le dinamiche territoriali, sociali e culturali entro le quali s’inscrisse l’attività imprenditoriale di Filomena, compreso l’emergere delle prime forme di rivendicazioni “sindacali” e di solidarismo operaio, di cui la nascita della SOAMS è una delle prime espressioni locali. Infatti, come ci ricorda l’autrice, nel 1881, a Millesimo era stata fondata la Società Operaia Agricola di Mutuo Soccorso (SOAMS) che poneva tra i suoi obiettivi: «l’assistenza economica e morale dei soci in caso di malattia, l’istruzione scolastica e l’aggiornamento agricolo degli iscritti, l’attività ricreativa». Con essa s’intendeva «unire le forze dei contadini con quelle dei lavoratori delle fabbriche anche se fra le adesioni registrate nel primo anno di vita dell’associazione si contavano anche piccoli commercianti e artigiani. Una sinergia tra tanti lavoratori, dunque, appartenenti a comparti diversi ma desiderosi di collaborare per un miglioramento delle proprie condizioni di vita morali e materiali». Condizioni di vita che, dalla documentazione fornita dal libro, all’epoca erano particolarmente dure, con orari di lavoro che oggi non esiteremmo a definire “massacranti”.

Di notevole interesse è anche la descrizione dell’attività produttiva e dell’organizzazione del lavoro nelle fornaci di laterizi tra fine Ottocento ed inizio Novecento, che trova un puntuale, ed utile, complemento nel «Dizionario dei termini tecnici e gergali in uso nell’industria dei laterizi tra Ottocento e Novecento» posto in appendice al volume e grazie al quale si entra “nel vivo” del lavoro ed è possibile conoscere il nome degli addetti alle varie mansioni della produzione, degli attrezzi e utensili utilizzati dalle maestranze, le dimensioni e caratteristiche dei mattoni e degli altri prodotti: coppi, tegole, piastrelle.

La figura di Filomena emerge come un’affascinante esempio di donna, imprenditrice di successo ante-litteram, pioniera dell’industria millesimese prima e di Sale delle Langhe poco più tardi, in un tempo nel quale le attività economiche condotte da donne «erano per lo più quelle tradizionalmente considerate appannaggio femminile: ostesse e ristoratrici, sarte e negozianti di generi alimentari e tessuti». Infatti, nel 1866 a Millesimo «su 55 aziende solo 6 erano condotte da donne (11%), nel 1877 quelle condotte da donne erano 8 su 69 (11,6%)». L’autrice rileva però altresì come tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento si registrasse «un consistente incremento sia nel numero totale delle aziende operanti a Millesimo, che salgono a 97 nel 1900 e a 117 nel 1907, sia nell’incidenza della componente femminile tra i titolari d’azienda, che diviene pari al 13,4% nel 1900, supera il 18% nel 1907 e sale ulteriormente nel 1911, allorché, a fronte di un leggero calo nel numero di aziende, quelle condotte da donne erano di poco inferiori ad un quarto (23,2%)»

Ma Filomena non era solo un’abile imprenditrice, dalla narrazione emerge un profilo di donna a tutto tondo e a tutto campo: fornaciaia, commerciante di attrezzi agricoli, materiali da costruzione e “ammobiliamenti” (un termine che compare sulla sua carta intestata), ma anche sposa, madre, vedova, benefattrice, donna di fede. Tuttavia essa fu soprattutto un’anticipatrice, forse inconsapevole, di nuovi scenari in cui le donne acquisivano coscienza di sé ed andavano a coprire ruoli un tempo svolti unicamente dagli uomini. La vicenda di «questa donna svizzera, vedova, che combatte la sua battaglia per continuare con ostinazione quello che il marito aveva iniziato e creare condizioni di vita migliori per i figli e i nipoti» appare, così per ampi tratti comune a quella di «tante altre donne che, in contesti o situazioni diverse, hanno avuto il coraggio di superare il ruolo di subalternità loro attribuito dalla cultura dominante e affermare la propria individualità».

In definitiva dunque questo volume non offre al lettore solo una ricostruzione della micro-storia economica e sociale di un tratto della valle Bormida e di Sale delle Langhe, infatti esso costituisce soprattutto un contributo alla storia delle donne imprenditrici, una storia ancora in gran parte da scrivere.

Valeria Spotorno

Centro sportivo Roque Maspoli

Il centro sportivo di Caslano è stato dedicato ufficialmente sabato a Roque Maspoli, il portiere della nazionale uruguayana campione del mondo 1950, di origini malcantonesi. Alla cerimonia hanno partecipato il nipote Juan Maspoli, il consigliere di Stato Claudio Zali, il presidente dell'AS Malcantone Cio Monti, il giornalista e storico Pier Baroni, il presidente del Gran Consiglio Gianrico Corti e il sindaco di Caslano Emilio Taiana.
Corriere del Ticino, 22.09.2014

Statistiche 2013

Nel 2013 i siti del Museo del Malcantone e del Museo della pesca hanno registrato un nuovo primato.
Ecco alcuni dati chiave:

  • Sito museo del Malcantone, totale visite 2013: 109'893
  • Sito museo del Malcantone, totale pagine consultate 2013: 524'529
  • Sito museo della Pesca, totale visite 2013: 559'060
  • Sito museo della Pesca, totale pagine consultate 2013: 3'636'739
  • Totale visite: 668'953
  • Totale pagine consultate: 4'161'268

Amici registrati sulle pagine FaceBook:

  • Museo del Malcantone: 200
  • Museo della Pesca: 139

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