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Louis Loustalot

La mostra presenta un centinaio di opere, tutte eseguite su fogli di carta di varia qualità, vario colore, varia grandezza; realizzate quasi tutte con la tecnica del disegno (a matita, a penna, a carboncino), con alcuni acquarelli e pastelli. Tutti i lavori portano la data (e qualche volta anche l'ora dell'esecuzione); spesso, è scritto anche il titolo, corredato sovente da commenti in versi o in prosa.

Non è raro il caso che un foglio sia stato usato da ambedue le parti (e con date diverse sulla medesima pagina): a dimostrazione che l'autore non pensava né di produrre opere d'arte, né tantomeno di contemplare queste sue "annotazioni" in una esposizione al pubblico.

I cento fogli (inquadrati sotto vetro con un fondo neutro) sono stati scelti, per la maggior parte, tra una ben più folta produzione degli anni 1913-1914; senza dire qui delle opere grafiche prodotte negli anni successivi: un insieme di centinaia di fogli istoriati ancora tutti da esplorare.

La scelta non è stata facile. D'altra parte, si può dire che le "direttive" sono scaturite dalla stessa sequenza cronologica; F.L. Loustalot indagava, giorno dopo giorno, la realtà geografica (la geologia, la fauna, la flora) ma soprattutto l'umanità del suo luogo di predilezione (il minuscolo nucleo abitato di Ronco di Castelrotto, con la regione circostante), in modo del tutto occasionale. Paradossalmente si può dire che l'occasionalità era il suo metodo rigoroso di lavoro. Durante il medesimo giorno, lungo la medesima settimana, gli interessava tutto: il microcosmo e il macrocosmo; annotava il levare del sole e della luna, ma anche il lavoro agricolo stagionale della gente, l'ambiente casalingo e quello dell' osteria, il movimento di un gatto di un cane di un uccello, e il gesto professionale del macellaio della mazza, la capigliatura di una ragazza e la pipa di un giovanotto, le donne dei nostri paesi al mercato di Lugano e la borghesia locale tra le bancarelle.

Il particolare, risultano osservate e documentate molte attività legate alla semplice agricoltura del tempo: la potatura, il vangare, la cura delle api, la raccolta delle castagne, i bachi da seta, il pane, l'allevamento del bestiame, l'artigianato dello zoccolino, strumenti e ambienti di lavoro, e i paesaggi con i nuclei abitati, i coltivi e le selve non ancora contaminati dalla dispersione di nuove costruzioni.

Cercando quindi di rispettare la personalità e le scelte dell'autore, la mostra si presenta così con due aspetti che ci paiono essenziali:

  • il più immediato è quello che testimonia figurativamente la realtà della nostra regione e la vita quotidiana della nostra gente nei primi decenni del Novecento;
  • il più impegnativo è quello che vuole far conoscere una personalità eccezionale (complessa e limpida, come si può dedurre dalla biografia e dalla documentazione che accompagnano la mostra) di un uomo convinto di dover cercare l'autenticità del suo valore esistenziale nella "azione" quotidiana, verificando e assimilando le vibrazioni dell'energia in tutte le sue manifestazioni.

Ecco perché questi "segni" che si presentano con un linguaggio formale di naturalismo oggettivo (che evidenzia sempre la struttura fisica e la struttura dei gesti e dei movimenti) non sono affatto soltanto dei documenti, perché tutti comunicano lo sguardo, la pressione della mano, il sorriso o la smorfia dell'autore: dentista, ma anche cultore di filosofia, amante e autore di poesia, e spirito silenziosamente intriso di religiosità.

F.L. Loustalot, cresciuto nel clima dell' Art Nouveau di Nancy (e lui stesso, nella sua giovinezza, attore della Belle Epoque), quando disegna non segue nessuna avanguardia o moda allora in auge: né i " Gallé" della sua città, né i Fauves, né i Cubisti, né i Futuristi di Parigi . Nella sua ricerca di essenzialità interiore, il suo oggetto e modello di osservazione e meditazione è sempre la natura: quella del cielo stellato, come quella dei suoi propri piedi disegnati magari al posto del profilo del Monte Rosa.

Si potrebbe dire che l'umiltà del suo linguaggio formale è orgogliosissima, coerente con uno dei suoi motti prediletti , "diventa quello che sei". Il frutto di questa sua " azione" esteriore e interiore sono centinaia di disegni, nei quali (più che nei suoi versi) egli ha fermato momenti, spesso attimi, di realtà oggettiva, ma anche e soprattutto di vibrazione personale, manifestati con semplicità e sorprendente intensità.

Giancarlo Zappa, Conservatore del Museo del Malcantone

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