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Il Sasso della Madonna

Sopra Bidogno, ameno paesello dell'Alta Val Capriasca, in una verde conca spicca un sasso di grandi proporzioni, bianco come il latte, chiamato dalla gente "Il Sasso della Madonna".

Quell'anno tutti gli uomini del villaggio erano occupati a erigere la bella chiesa parrocchiale che sorge su un poggio in faccia alle Canne d'Organo. Si lavorava alacremente da oltre tre anni. La chiesa era finita e si trattava di innalzare il campanile. Il popolo decise di farlo alto quasi quaranta metri, perché il suono delle sue campane si diffondesse lungamente nel monte e nel piano.

Perché l'opera fosse compiuta il più presto possibile presero parte ai lavori anche le donne. Così il campanile in pochi mesi venne eretto alto nel cielo e subito le rondini si misero a fargli festa intrecciando i loro voli intorno alla torre, sulla cui cima sventolava la bandiera col bruno capriolo e la spiga dorata, stemma del Comune.

I festeggiamenti per l'inaugurazione della chiesa e delle campane vennero fissati per l'ultima domenica di settembre.

Già alcuni giorni prima le massaie cominciarono a pulire le case, le corti, i piazzali, a lustrare alla fontana i loro recipienti di rame.

"Sarà la festa più grande!" dicevano gli uomini.

"Verrà il Vescovo!" esclamavano contente le vecchie.

Intanto si costruivano palchi e porte trionfali ornate di muschio e di fiori d'ogni specie. Tutto il paese era in festa. Una gioia immensa invadeva, ogni cuore e si aspettava con impazienza il giorno della straordinaria cerimonia.

Quando il diavolo seppe che la buona popolazione di Bidogno s'apprestava a inaugurare la chiesa non si diede più pace. Usciva dall'inferno e, di notte, correva furibondo sui monti sopra il villaggio digrignando i denti, strappandosi i capelli. Satana, a ogni costo, voleva distruggere l'opera che gli uomini avevano edificato a onore e a gloria di Dio.

Pensò di vendicarsi, di demolire la chiesa.

La domenica il paese non sembrava più quello d'ogni giorno. Da tutte le finestre sventolavano bandiere e paramenti; candele e lampade votive brillavano ai piedi delle statue e delle immagini sacre.

La popolazione accorse verso il poggio e i fedeli erano così numerosi che molti non trovarono posto nella chiesa. Donne e uomini, venuti dagli altri villaggi della valle, sostavano sul sagrato e cantavano inni e litanie, mentre le campane su in alto, sotto il sole che splendeva magnifico, non si stancavano di sgolarsi.

Poi si snodò lenta la processione per le vie, col Vescovo che benediceva la folla inginocchiata dentro i vani dei portoni e lungo il percorso.

Il Vescovo celebrò la messa. Al canto dei cristiani si univa, a quando a quando, il suono grave dell'organo.

Satana in quel momento batteva la montagna come nei giorni precedenti. Il diavolo sentiva la melodia dell'organo e delle campane e, accecato dall'ira, non sapeva più che cosa fare. Ma ecco che scorse vicino a due pini una grossa pietra. Satana pensò:

"Farò rotolare in basso questo macigno. Esso si spaccherà contro la chiesa; rovinerà tutto e ucciderà i fedeli".

Si mise a ridere di compiacenza e contento diceva tra sé:

"Ora vedrete, gentaccia, che cosa sa fare Satana. Imparerete a erigere chiese al Signore".

Si gettò sulla pietra e con quanta forza aveva provò a smuoverla. Ma i suoi sforzi furono vani. Il macigno restava immobile. Allora Satana fischiò acuto tra i denti. Subito comparve un altro diavolo.

"Aiutami, da solo non ci riesco" disse Satana.

Ambedue spinsero con energia le mani sul sasso che scricchiolò e si mosse. Ma in quell'istante i due diavoli caddero storditi sul terreno. Una luce abbagliante li investì e li accecò. Poi una figura di donna, bella e sorridente, apparve sopra il macigno. La Madonna posò delicatamente il piede sulla pietra e la rimise al suo posto.

La Vergine esclamò:

"Tu, Satana, non distruggerai quello che gli uomini oggi hanno fatto. Va, sprofonda nel tuo regno che è sotto terra".

Quindi la Madonna scomparve. Sul sasso, oggi ancora, è ben visibile la forma del suo piccolo e grazioso piede".

 

U. Canonica, La ninfea del lago, ESG, Zurigo 1961, no. 405


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