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La leggenda del Vaselin

La gente del mio paese, e di quelli vicini, si recava volentieri alla fontanina chiamata comunemente "Vaselin"; non rinunciava mai a bere qualche sorso di acqua con le mani congiunte a tazza. Affermavano i vecchi che aveva virtù meravigliose, quell'acqua; infatti, guariva dai mali anche gravi poiché un giorno di settembre avvenne, tanti anni fa, il miracolo.

Il giorno era mite, il cielo appena velato col sole che splendeva dolcemente sui pascoli. L'erba, non alta, lasciava intravedere i modesti fiori alpestri: miosotidi e arniche dalle tinte quasi trasparenti.

Una vecchia Rosa si trovava sulla pastura e badava alle due vacche e alle capre. Le mucche brucavano tranquille; ogni tanto osservavano come incuriosite verso la valletta, dove, in quel tempo, non scorreva un filo d'acqua; anzi, il posto del "Vaselin" era un intrico pericoloso di rovi e le serpi vi avevano il loro covo.

Nessuno s'era mai spinto fin là, anche perché allora il sentiero non esisteva. Le agili capre si spingevano sui dirupi e sui precipizi; sfidavano il pericolo pur di poter saziarsi con gli arbusti che si alzavano tra le pietraie e sul limitare dei burroni. Sui pascoli, in quella giornata di inizio d'autunno, c'era solo la vecchia pastora. I contadini dei paesi della regione già avevano ricondotto a valle i loro animali. Ma anche Rosa fra alcuni giorni sarebbe tornata al villaggio, dando l'addio alla montagna.

Intanto che curava le bestie passava il tempo a fare calze e maglie, seduta sul sasso, sempre il medesimo, scaldato dal sole. Il lavoro la occupava dalla mattina sino al tramonto. Ogni tanto la donna parlava alle mucche, le chiamava, dava loro un pizzico di sale. Esse si facevano docili verso la padrona, le annusavano la mano scarna; poi, con un lungo muggito, pareva che la volessero ringraziare.

A un tratto, nel vasto silenzio della pastura, la vecchia udì una strana voce:

"Ho sete; datemi da bere ... ".

La pastora si guardò attorno piena di stupore e anche ebbe paura. Non vide nessuno. Si rimise a scalzettare pensando che le parole udite fossero frutto di immaginazione.

Però, dopo pochi istanti, vide il sole farsi pallido, di un colore giallo sbiadito. Eppure il cielo era diventato completamente sereno.

La vecchia allora si sentì toccare una spalla; si voltò, si scosse, si alzò a sedere; lasciò cadere il lavoro che aveva in grembo.

Non lontano dalla pietra scorse coricata una giovanetta coi capelli sciolti, biondissimi, che si mise a piangere e a lamentarsi.

Rosa intese soltanto poche parole:

"Là c'è l'acqua miracolosa. Ne ho bisogno, voglio guarire".

La vecchia non capiva ancora, tanto era stupita e impaurita. Ma la giovane le fece un lieve cenno, indicando il luogo dove gli spini sovrastavano le erbe e gli arbusti. Rosa s'incamminò lentamente sul sentiero, incerta, angosciata. Non guardò le mucche; ma esse pure erano lì, immobili, e persino le capre stavano impietrite a osservare la bella fanciulla sofferente.

La pastora giunse dove la stradetta finiva. All'improvviso i rovi e i cespugli sparirono. Dentro una nube candida vide brillare una stella; la stella si ruppe poi in una pioggia infinita di fiori d'oro e d'argento; ranuncoli e narcisi profumatissimi spuntarono tra fili leggiadri di erba.

Ma il miracolo più grande avvenne un po' in là; la roccia si spaccò senza crepito e dalla minuscola fenditura sgorgò l'acqua più limpida di questo mondo.

Rosa, piena di meraviglia, non osava muoversi. Ma una voce le diede coraggio:

"Va' vicina alla sorgente. Prendi di quell'acqua".

Alfine si mosse. Ai piedi della fonte trovò un secchiello", Lo riempì.

Quindi tornò verso la giovanetta che, appena ebbe bevuto due o tre sorsi d'acqua benedetta, si levò.

La vecchia vide, allora, in una nebbia d'un insolito candore, un angelo biondo che solamente per un momento sorrise; quindi scomparve.

L'acqua del miracolo, che dà salute, zampilla ancora oggi limpida, fresca.

 

Ugo Canonica

Almanacco Pestalozzi, 1962


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