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Il lume della madre

La cappella di Magliasina è sacra alla fede, all'arte, alla spiritualità. Preceduta da un portichetto, aperto da tre parti verso le strade che menano a Magliaso, a Caslano, a Ponte Tresa, essa è frescata di pitture del Cinquecento, ora sbiadite e qua e là corrose. Ma un tempo, quelle scene sacre nell'armonia dei colori dovettero avvincere di fascino l'occhio che le mirava e comunicare all'animo il senso del divino.

Una donna di Magliasina, da parecchi anni, al sopraggiungere dell'autunno, aspettava l'unico figlio emigrato nel mondo. Poche lettere la madre aveva ricevute dal suo Mario, il primo anno, quand'egli imparava da fornaciaio, mestiere allora comune agli operai del Malcantone.

Costoro, al declinare dell'estate, rimpatriavano per alleggerire alle loro donne le fatiche dei raccolti.

Alla mamma dell'assente, i conterranei, chi più chi meno, rivolgevano parole di conforto e di speranza. Soltanto una maligna le aveva una volta trafitto il cuore, dicendole brutalmente di non più pensare a quel vagabondo, a quel poco di buono, a quello sciagurato. No, non era possibile che Mario, così mite, così gentile, così sensibile, si fosse dimenticato della mamma, della rustica casetta a logge, della patria contrada. Ella gli aveva ispirato forti e teneri affetti, aveva compiuto appieno l'opera che natura vuole dalla madre. Doveva essere traviato da falsi amici il suo diletto, ma, un giorno - oh, fosse prossimo! - egli li avrebbe abbandonati per sempre quei malvagi.

Ogni sera, la pia madre si recava alla cappella, nei pressi di casa sua, e lì, sotto l'arco del portico rivolto a Ponte Tresa, accendeva una lampada, ch'ella alimentava del proprio olio e alimentava altresì dell'ardore della propria fede. Splendeva il lume tutta la notte, visibile dal varco di Marchirolo, donde Mario sarebbe ritornato e, diretto a quel minuscolo faro, avrebbe raggiunto il porto tranquillo della natia casetta.

La buona donna invocava la gran Madre celeste, di cui il pittore ha dipinto nella cappella di Magliasina l'augusto sembiante; l'invocava con questi accenti:

"Dolce Maria, chi ha mirato codesto tuo volto fulgente non può' dimenticarti, nè dimenticare la propria terra. Deh, ispira a mio figlio buoni sentimenti, ond'egli ritorni alla madre sua!"

La Vergine, ogni volta, pareva assentire a quella fervorosa invocazione e ritemprava alla sua devota la fede e la speranza.

Mario fu assalito da morbo violento. Nel delirio, il febbricitante chiamava alto la mamma.

E la mamma, una notte, durante il sonno udì il figlio che nel pericolo la invocava. Fu sveglia. Balzò dal letto. Si vestì in fretta e si avviò alla cappella. lvi, sotto il suo lume si rivolse a Colei che non è sorda alle angosce e alle confidenze delle madri.

La fiammella diede su un guizzo e la vivida luce che si diffuse attorno, la madre interpretò come un buon annuncio: la salvezza del figlio!

Mario superò la crisi della malattia. Nella convalescenza, con pensieri affettuosi, si rivolgeva a sua madre e, guarito, si mise senza indugi in cammino verso il paesello natale.

Fu lungo il viaggio. Egli arrivò al varco di Marchirolo che era buio pesto. Dalla straducola che scende a Lavena, vide verso Magliasina un punto luminoso, tremulo come chi sia in ansia per l'attesa. La luce anzi pareva accennare e dire a lui:

"Affrettati! Sapessi come sei atteso dalla mamma! Vieni! Tu solo le potrai dare la più grande consolazione della vita!"

Poche miglia di strada e il viatore fu sotto l'arco, da cui il lume solitario spandeva una morbida luce dorata.

Stanco e quasi sperduto, sogguardò le figure della cappella e tosto una moltitudine di ricordi gli fece ressa alla soglia della mente. Si, era la sua cappella questa, dov'egli aveva pregato; questo il portico testimonio de' giuochi di lui fanciullo.

L'effige della Madonna, accarezzata da' raggi della lampada, salutava benigna il reduce e pareva staccarsi dall'affresco, viva e soavemente materna.

Commosso nell'intimo, il giovane pianse calde lacrime di pentimento e sentì trascorrere nello spirito una cert'aria purificatrice.

Benché bramasse tanto rivedere la mamma, non osò svegliarla e attese nell'ospitale portico il sorgere dell' alba.

Innanzi dì, cantarono i galli nei chiusi pollai. Mario, col cuore che gli batteva forte, mosse in punta di piedi verso il breve cortile della sua casetta.

Sua madre, mattiniera sempre, era alzata.

Il figlio vide dalla finestra della cucina il chiarore del fuoco attizzato nel camino e i riflessi delle fiamme nel rame della parete, mobili riflessi rossastri, che tessevano e ritessevano vaghi fregi lungo i riquadri del fuligginoso soffitto.

Bussò alla porta e chiamò: "Mamma! mamma!"

Venne la mamma ad aprire. E fu un abbraccio ineffabile; fu un pianto di pentimento e di tenerezza nel figlio, di perdono e di letizia nella madre.

 

V. Chiesa, L'anima del villaggio, Gaggini, Lugano 1934


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