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Il Conruggero

I nostri vecchi rievocano con raccapriccio la figura del Conte Ruggero, o semplicemente Conruggero, di Luino, un autentico diavolo in carne e ossa, che compiva ogni sorta di malefatte soprattutto nella vallata della Tresa.

Soltanto la croce e il suono delle campane avevano virtù di sconvolgere i piani di quell'uomo senza legge né fede.
Un mercoledì, al mercato di Luino, dove le donne e le ragazze del basso Malcantone esitavano i prodotti della loro terra, il Conruggero, adocchiata una leggiadra contadinetta di Ronco la invitò a recargli al castello, il successivo mercoledì, un paniere d'uova fresche, e n'ebbe formale promessa.
Le compaesane cercarono di dissuadere la Celestina a metter piede nel palazzo del conte, un palazzo dai sotterranei che comunicavano col lago, dove venivano inabissate le vittime di quel tizzone d'inferno.
Tuttavia, la giovane fu puntuale a portar le uova al Conruggero.
Il portinaio, mentre la introduceva dal cortile nelle sale, con fare sibillino e scotendo il capo le sussurrò:
"Cara malcantonesina, non lo sapete che qui c'è San Fermo?".
Verso mezzogiorno, le contadine del Comune di Croglio lasciarono Luino, ma purtroppo mancava, come l'avevano previsto, la Celestina e la compiangevano, innocente vittima del perfido figuro.
Nelle loro terricciole ne divulgarono la notizia con isdegno esasperato. Fu dato l'allarme. I baldi giovinotti di Croglio e di Ronco s'adunarono e via alla volta di Luino per strappare ad ogni costo la loro paesanella dagli artigli della fiera. Menegone, un pezzo di giovinotto dalla muscolatura d'acciaio, diede ripetuti colpi col martello alla porta dell'odiato palazzo.
Venne ad aprire lo stesso Conruggero e si trovò di fronte una quindicina di facce minacciose. Con l'abituale alterigia, chiese:
"Ebbene, che c'è giovinotti?".
"C'è" rispose Menegone in tono di sfida "c'è che noi siamo i Cozza di Ronco e i Cotina di Croglio, pronti a cozzare con voi, Conruggero, se non ci restituite la donzella che stamattina vi ha portato le uova".
Davanti alla decisa volontà e al coraggio leonino di quegli arditi malcantonesi, il signorotto cedette.
Nell'accomiatare la ragazza, le domandò risoluto:
"Dì a codesti tuoi conterranei, se io ti ho fatto del male". "Mi ha rispettato" fu la risposta.
I Cozza e i Cotina ritornarono con la Celestina al paese e, fino a tarda notte, festeggiarono la vittoria, sacrosanta vittoria di onesti popolani su un miserabile tirannello.
Morì finalmente, di brutta morte, il Conruggero, e la sua anima nera se la venne a prendere difilato il diavolo. Se non che Barlicche s'avvide d'aver nelle mani uno spirito ribelle, che gli avrebbe cagionato non poche noie e fors'anche usurpato il trono. Allora, con pronta decisione, invece di trascinarlo all'inferno, lo abbandonò in balìa del vento.
In tal modo, anche dopo la morte, il Conruggero continuò per molto tempo a vagare e a sparger terrore dalle nostre parti: vagava in groppa al nero cavallo, accompagnato dai tremendi cani.
Nel fitto d'una notte, quell'ombra diabolica picchiò alla porta d'una casa della Madonna del Piano. Da una finestruola s'affacciò cauta una donna. La poveretta, alla visione del bianco spettro, fu presa da terrore, ed esclamando: "Dio mio! ... " cadde tramortita. Rinvenne, ma lo spavento le abbreviò la vita.
Quando Dio volle, anche l'animaccia del Conruggero lasciò per sempre il Malcantone, con gran sollievo di tutto il popolo.
 
 
Virgilio Chiesa
Almanacco Ticinese, 1946


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