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L'origine della primula in una leggenda del Malcantone

In cima all'erta, ampia gradinata di vigneti, che fronteggia il lago d'Agno e non ha uguale nelle contrade luganesi, siede il villaggio di Cademario ed è così in alto che sembra toccare il cielo.

Poco sotto, fra un giro di rigogliosi castagni, si nasconde la vetusta chiesetta di Sant'Ambrogio, dal grigio campanile, integro nel suo bel romanico, e dalla facciata adorna di due sacre figure, che risalgono al Trecento.

A marzo, il paesaggio di Cademario ha sorrisi di un fascino particolare. Dal cielo, d'un colore Madonna, sparso di chiare nuvole a contorno ben definito, il giovine sole rinnova allago d'Agno i più tersi azzurri e fruga i ronchi, per trarvi fuori il primo tenero verde e i primi fiori.

Corre allora una corrispondenza più intima fra cielo e terra, e si direbbe che l'annuncio della primavera sia qui recato dagli angeli del Paradiso.

Uno stuolo di angeli, che fan ghirlanda al trono celeste, chiese al Signore di scendere sulla terra per salutare l'arrivo della primavera. Domineddio acconsentì, a condizione però che non si lasciassero scorgere da nessun bambino.

Serafini e cherubini calarono allo spuntar del sole, ciascheduno con una minuscola trombettina d'oro; prescelsero il nostro paese, spargendosi sul poggio di Cademario per prati e selve, lungo siepi e vigneti, contenti di godere le prime carezze della primavera luganese e di contemplare un paesaggio a cui la luce del mattino dava riflessi e armonie di Paradiso.

Dopo qualche momento di beatitudine, ecco il serafino di vedetta scorgere lontano alcuni bambini, che trotterellano giù da un sentiero. D'un subito egli dà l'allarme ai compagni e tosto da ogni angolo del territorio di Cademario è uno sciamare di angeliche creature, un leggiero, quasi impercettibile batter d'ali, su su verso il profondo cielo.

Se non che, riscossi così all'improvviso dalla loro estasi, nella fretta, gli angeli hanno lasciato sul clivo di Cademario i piccoli strumenti musicali, che avevano con sé.

Giunti in Paradiso, tutti rioccuparono il loro posto, ma non recavano in volto il giubilo consueto, né sapevano come giustificarsi col Signore d'aver dimenticato in terra gli strumenti con cui modulare le note celestiali.

Il sommo Iddio intuì l'imbarazzo de' suoi angioli, ritornati dal gran volo, e non li rimproverò, anzi ridiede loro nuove trombettine e quelle rimaste a Cademario le convertì in primule, le quali hanno conservato in minima parte una certa virtù musicale.

Invero, i bambini spiccano dal calice la primula, accostano alle labbra l'esile cannuccia, vi soffiano dentro, traendone una doppia acuta nota, che nel Luganese ha dato nome a codesto fiore, umile eppur divino messaggero della primavera.

 

Virgilio Chiesa

Illustrazione Ticinese, no. 16, 1941


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