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La leggenda del Pizzo Ferraro

Arosio siede dove la obliqua costa del Pizzo Ferraro si allaccia al lunato monte Cervello, formando la linea di displuvio fra l'alto Malcantone e la valle di Agno.

Due raggruppamenti di case ad Arosio: uno nei pressi della turrita chiesa di San Michele e uno più in basso ai fianchi della strada, sul varco tra le due valli.

Il sagrato di San Michele offre a tutti una delle più grandiose e affascinanti vedute sulla variata e multiforme contrada luganese.

Nell'Evo Medio, Arosio era l'unico Comune della storica Valle di Lugano formato di contadini liberi, e di questa libertà i fieri e accorti arosiani furono sempre custodi gelosissimi.

Assai esteso e redditizio il territorio patriziale del montano villaggio e confinante, lungo un fianco del Pizzo Ferraro, con il territorio patriziale di Bedano, paesello della valle di Agno.

Al dire della gente di Bedano, i termini del confine giurisdizionale venivano ogni anno spostati dai patrizi di Arosio, di modo che la proprietà bedanese, verso l'alta zona del Pizzo Ferraro s'assottigliava sempre più, fin quasi a scomparire.

Ma la farina del diavolo va in crusca, e ogni striscia sottratta a Bedano, per improvviso terremoto, franava, travolgendo le verdi, fresche zolle d'un tempo.

Allor che Arosio minacciò d'impadronirsi anche dell'ultima pastura di Bedano, isolata in un angolo del Ferraro, i bedanesi ricorsero alla giustizia.

Comparvero i delegati dei due Comuni davanti al giudice il quale ascoltò la loro disputa, e non riuscendo a metterli d'accordo, li indusse a sottoporgli, in una prossima udienza, un piano del terreno conteso.

Di comune accordo, le due parti scelsero un geometra, che tracciò nella cera, spalmata sopra una tavoletta, la mappa del Ferraro, i confini patriziali e il luogo in contestazione.

Ed ecco, un mattino d'inverno, convenire nel Pretorio di Lugano i procuratori dei due Comuni.

Nell'aula giudiziaria era accesa una grande stufa di terracotta.

Il decano dei presenti, un ottuagenario pastore di Arosio, dalla bianca barba mosaica e dall'occhio nero vivacissimo, recava la mappa del Ferraro. Egli altro non vedeva al mondo che la sua terra di Arosio ed era un incomparabile patrocinatore dei diritti del suo Patriziato.

Mentre le parti discutevano, il vegliardo se ne stava accostato alla stufa e a questa teneva vicino, in leggera inclinazione, la tavoletta topografica. Al calore, la cera, a farlo apposta, venne liquefacendosi proprio nel punto giusto così da sommergere un tratto del confine, estendendo di parecchio la proprietà di Arosio. Anzi, secondo l'alterata topografia, Arosio diventava padrone assoluto di tutta la zona del Ferraro, e Bedano ne restava interamente escluso.

Al momento opportuno, il vecchio patrizio d'Arosio presentò al magistrato la tavoletta della mappa, pronunciando queste laconiche parole: "Signor Pretore, osservi e giudichi!".

Un procuratore di Bedano, sicuro de' suoi buoni diritti, premuroso volle indicare al giudice i termini del suo Patriziato. Ma accortosi che la linea del confine era stata spostata a danno di Bedano, scattò in tremenda invettiva contro gli usurpatori.

I montanari d'Arosio lasciavano dire e attendevano con serena fiducia che il giudice formulasse il suo giudizio in base al disegno della tavoletta, disegno approvato anche dai signori bedanesi.

E il magistrato sentenziò in favore di Arosio.

Fu gioia e letizia al romito villaggio, quando si seppe della vittoria. La domenica seguente gli arosiani trassero tutti al luogo aggiudicato per prenderne possesso.

Ma, quivi giunti, oh, disdetta! Il terreno era tutto sossopra, ridotto a un gran rovinio di pietrame, terriccio, zolle, simile a quelle strisce della costa che i loro avi avevano tolto a Bedano.

A primavera, su quello scoscendi mento spuntarono rovi e sterpi, e, a notte, si vedevano misteriosi lumi accendersi e spegnersi in moto rapido, come grandi lucciole, e anche si vedevano vagare bianche forme simili ad anime in pena.

Un fosco mattino d'ottobre, prima dell'alba, il giudice che aveva deciso la causa dei confini, saliva passo passo verso il Pizzo Ferraro per una partita di caccia.

Arrivato nei paraggi della frana, sente la terra tremargli sotto i piedi e davanti a sé, strana visione, gli appariscono bianchi spettri, con in mano un pendulo lumino.

Gli spettri lo assediano e, uno alla volta, tendendo e movendo l'indice della destra, con voce fioca e a scatti gli sussurrano:

"Signor giudice!... Il confine... è qui... è là... è su... è giù!...".

Il poveretto, benché avesse presenza di spirito, fu preso da brividi di spavento, impallidì, si sentì mancare...

Oggi, la terra che i bedanesi affermano essere stata usurpata dagli arosiani non trema più; i bianchi spettri non vagano più.

Soltanto la leggenda vive nella tradizione di Bedano.

 

Virgilio Chiesa

Almanacco Ticinese, 1936


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